Partendo da queste considerazioni,
Alan Berger rivisita e amplia la teoria di Lerup. Nel suo ultimo testo, Drosscape [1], focalizza l’attenzione sugli spazi
vuoti della città contemporanea indagando innanzitutto le relazioni
etimologiche tra le parole vast, waste, e dross.
Il termine latino vastus, è radice etimologica sia del
termine vast che
waste. Il termine
latino vastus
(francese antico guaste, francese moderno vaste) è un aggettivo che ha innanzitutto l’accezione di vuoto,
spopolato, deserto, ma anche reso deserto da devastazioni, desolato, devastato,
saccheggiato; inoltre fa riferimento alla dimensione delle cose, nei
significati di grandissimo, vasto, ampio, smisurato, enorme[2].
L’aggettivo vastus
si riferisce quindi alle caratteristiche proprie di uno spazio, ma è anche
radice di verbi quali devastare, distruggere, disertare (devastare), azioni esterne che agiscono sugli
spazi, portandoli alla condizione di vastus. Nella lingua inglese, la parola
latina vastus,
diventa vast,
dove esprime principalmente il significato di grandezza, ma può essere
declinato anche nel termine vain (lemma di origine trecentesca, dal francese antico vein) con l’accezione di svuotato di
valore reale, inutile, senza profitto, e nel termine wane nel senso di lasciato abbandonato.
Il vocabolo waste
condivide con il lemma vast l’origine etimologica, ma acquisisce nella lingua inglese
un significato più ampio, tralasciando la peculiarità fisica dell’aggettivo vastus. Esso esplica maggiormente quelle
che sono le caratteristiche indotte dell’oggetto, prendendo il significato di
deserto, desolato, disabitato, incolto, improduttivo. Berger introduce il
termine dross,
la cui etimologia include origini condivisibili con le parole vast e waste, due termini frequentemente usati
anche per descrivere la natura contemporanea dell’urbanizzazione orizzontale,
ma ha anche connessioni con le parole vanity, vain, vanish and vacant. La parola dross, in inglese antico è dros[3] con l’accezione di dirt (immondizia, sporcizia, sudiciume,
ma anche fango, terriccio e in senso figurato bruttura, lordura, sozzura[4])
e dregs
(posatura, sedimento, al singolare anche residuo, pezzetto[5]).
Originariamente il vocabolo dross stava ad indicare la schiuma emessa dai metalli durante il
processo di fusione; in seguito ha preso il significato di materiale senza
valore, di scarto, impuro, scoria, rifiuto.
Alan Berger mette in evidenza come il lemma dross abbia relazioni con i termini vast e waste, ma soprattutto rileva, partendo
dal significato della parola, quanto il dross scaturisca dalla combinazione di
processi naturali e antropici, diventando quindi un prodotto generato da
pratiche esterne ad esso. Trasferendo il ragionamento sullo spazio urbano,
Berger afferma: “Lo scarto (dross) è considerato come un componente naturale di ogni città
che si sviluppa dinamicamente. È un indicatore della salute dello sviluppo
urbano”[6].
I paesaggi dello scarto (drosscapes) sono interstizi, spazi “in-between” nel tessuto urbano della città[7],
fasce libere lungo le strade, “mare” di parcheggi, terreni non usati, aree in
attesa di sviluppo, zone di scarico rifiuti, distretti di stoccaggio merci, una
distesa apparentemente senza fine di interruzioni e perimetri che incorniciano
i quartieri abitativi; aree che si accumulano nella scia del processo spazio e
socio-economico di deindustrializzazione, post-fordismo e innovazione
tecnologica. Gli spazi vuoti, tranne i parchi e gli spazi aperti protetti, sono
costituiti da nastri, lotti, aree non edificate o non edificabili, spazi sempre
più frammentati, marginalizzati interstizi tra gli edifici che costituiscono il
tessuto urbano. Una marginalità che si presenta anche all’esterno, dove i
confini netti tra paesaggio agrario e paesaggio urbanizzato si sono trasformati
in un bordo sfrangiato. Il contrasto tra gli spazi dell’agricoltura, i lotti
urbani e l’infrastruttura genera una commistione di aree frammentate che hanno
perso una propria identità. Il termine “in-between” descrive uno stato liminare di
qualcosa che vive in transizione ed elude le classificazioni, qualcosa che
respinge una nuova stabilità e un nuovo incorporamento nella città, uno spazio
che rimane ai margini attendendo un desiderio sociale che lo riconnetta
all’interno dell’espletamento delle pratiche urbane.[8]
[1] Alan Berger, Op. Cit.
[2] Traduzione da, Castiglioni Luigi,
Mariotti Scevola, IL. Vocabolario della lingua latina, Loescher, Torino, 1987
[3] The American Heritage® Dictionary
of the English Language, Fourth Edition. Retrieved November 10, 2009
[4] Traduzione da, Giuseppe Ragazzini, Il
nuovo Ragazzini. Dizionario inglese-italiano italiano-inglese, Zanichelli, Bologna, 1987
[6]Alan Berger definisce, attraverso
otto postulati che sintetizzano la sua teoria, definisce il drosscape, ma anche il ruolo fondamentale del
progettista nella re-immissione di questi spazi all’interno del disegno urbano:
“1-Dross
is understood as a natural component of every dynamically evolving city. As
such it i san indicator of healthy urban growth; 2-Drosscape accumulate in the
wake of socio- and spatio-economic processes of deindustrialization,
post-Fordism, and technological innovation; 3-Drosscapes requie the designer to
shift thinking from tacit and explicit knowledge (designer as sole export and
authority ) to complex interactive and responsive processing (designer as
collaborator and negotiator); 4- The designer does not rely on the
client-consultant relationship or the contractual agreement to begin work. In
many cases a client may not even exist but will need to be searched out and
custom-fit in order to match the designer’s research discoveries. In this way
the designers is the consumate spokesperson for the produsctive integration of
waste landscape in the urban world.; 5-Drosscape are interstitial. The designer
integrates waste landscape left over from any form or type of development;
6-The adaptability and occupation of drosscapes depend upon qualities
associated with decontamination, health, safety, and reprogramming. The designer
must act, at times, as the conductor and at times the agent of these effect in
order to slow down or speed them up; 7-Drosscape may be unsightly. There is
little concern for contextual precedente, and resources are scarce for the
complete scenic amelioration of drosscapes that are located in the declinino,
neglected, and deindustrializing areas of cities; 8-Drosscapes may be visually
pleasing. Wasteful landscapes are prurposefully built within all types of new
development located on the leadfing, peripheral edges of urbanization. The
designerr must discérnè which types of “waste” may be productively reintegrsted
for higher social, cultural, and environmental benefits”. Alan Berger, Drosscape. Wasting
land in urban America,
Princeton Architectural Press, New York, 2006.
[7] Alan Berger associa il termine “in-beetwen” (interstizio) al termine di Lerup dross e afferma: “Plugging in Lerup’s
terms-dross can be seen to be waht i have been calling the in-between of a
city’s urban fabric”,
in Alan Berger, Op. Cit., p. 37
[8] Alan Berger, Op. Cit., p. 29