29/04/12

West 8 - Carrascoplein







L’intervento dei West 8 per Carrasco Square ad Amsterdam si occupa del ridisegno della terza dimensione dello spazio residuale che l’infrastruttura può generare: “il sotto”. Il sito si colloca alla periferia ovest di Amsterdam e per la maggior parte della sua estensione è collocata sotto la nuova ferrovia sopraelevata. L’assenza di luminosità naturale del sito ne fa un luogo invitante per attività poco lecite e frequentazioni ambigue, quindi garantire la sicurezza è una delle richieste che il progetto deve soddisfare.
L’intervento dei West 8 si concentra sul trattamento delle superfici il cui disegno crea un mosaico fatto di asfalto, erba e pietre che mette in evidenza la verticalità delle colonne che sorreggono la sopraelevata. L’intero sito si trasforma in una metaforica foresta urbana, dove l’istallazione di ceppi di alberi in ferro, posizionati sul prato, garantiscono l’illuminazione, e fanno evocano l’abbattimento di una presente vegetazione al fine di creare una “radura”. La creazione della “radura” costituisce la piazza che permette un importante collegamento per i pedoni e garantisce una veloce connessione tra i parcheggi che ospita e la stazione sopraelevata di Sloterdijk.


25/04/12

Alan Berger - Drosscape


Partendo da queste considerazioni, Alan Berger rivisita e amplia la teoria di Lerup. Nel suo ultimo testo, Drosscape [1], focalizza l’attenzione sugli spazi vuoti della città contemporanea indagando innanzitutto le relazioni etimologiche tra le parole vast, waste, e dross.
Il termine latino vastus, è radice etimologica sia del termine vast che waste. Il termine latino vastus (francese antico guaste, francese moderno vaste) è un aggettivo che ha innanzitutto l’accezione di vuoto, spopolato, deserto, ma anche reso deserto da devastazioni, desolato, devastato, saccheggiato; inoltre fa riferimento alla dimensione delle cose, nei significati di grandissimo, vasto, ampio, smisurato, enorme[2]. L’aggettivo vastus si riferisce quindi alle caratteristiche proprie di uno spazio, ma è anche radice di verbi quali devastare, distruggere, disertare (devastare), azioni esterne che agiscono sugli spazi, portandoli alla condizione di vastus. Nella lingua inglese, la parola latina vastus, diventa vast, dove esprime principalmente il significato di grandezza, ma può essere declinato anche nel termine vain (lemma di origine trecentesca, dal francese antico vein) con l’accezione di svuotato di valore reale, inutile, senza profitto, e nel termine wane nel senso di lasciato abbandonato. Il vocabolo waste condivide con il lemma vast l’origine etimologica, ma acquisisce nella lingua inglese un significato più ampio, tralasciando la peculiarità fisica dell’aggettivo vastus. Esso esplica maggiormente quelle che sono le caratteristiche indotte dell’oggetto, prendendo il significato di deserto, desolato, disabitato, incolto, improduttivo. Berger introduce il termine dross, la cui etimologia include origini condivisibili con le parole vast e waste, due termini frequentemente usati anche per descrivere la natura contemporanea dell’urbanizzazione orizzontale, ma ha anche connessioni con le parole vanity, vain, vanish and vacant. La parola dross, in inglese antico è dros[3] con l’accezione di dirt (immondizia, sporcizia, sudiciume, ma anche fango, terriccio e in senso figurato bruttura, lordura, sozzura[4]) e dregs (posatura, sedimento, al singolare anche residuo, pezzetto[5]). Originariamente il vocabolo dross stava ad indicare la schiuma emessa dai metalli durante il processo di fusione; in seguito ha preso il significato di materiale senza valore, di scarto, impuro, scoria, rifiuto.
Alan Berger mette in evidenza come il lemma dross abbia relazioni con i termini vast e waste, ma soprattutto rileva, partendo dal significato della parola, quanto il dross scaturisca dalla combinazione di processi naturali e antropici, diventando quindi un prodotto generato da pratiche esterne ad esso. Trasferendo il ragionamento sullo spazio urbano, Berger afferma: “Lo scarto (dross) è considerato come un componente naturale di ogni città che si sviluppa dinamicamente. È un indicatore della salute dello sviluppo urbano”[6]. I paesaggi dello scarto (drosscapes) sono interstizi, spazi “in-between” nel tessuto urbano della città[7], fasce libere lungo le strade, “mare” di parcheggi, terreni non usati, aree in attesa di sviluppo, zone di scarico rifiuti, distretti di stoccaggio merci, una distesa apparentemente senza fine di interruzioni e perimetri che incorniciano i quartieri abitativi; aree che si accumulano nella scia del processo spazio e socio-economico di deindustrializzazione, post-fordismo e innovazione tecnologica. Gli spazi vuoti, tranne i parchi e gli spazi aperti protetti, sono costituiti da nastri, lotti, aree non edificate o non edificabili, spazi sempre più frammentati, marginalizzati interstizi tra gli edifici che costituiscono il tessuto urbano. Una marginalità che si presenta anche all’esterno, dove i confini netti tra paesaggio agrario e paesaggio urbanizzato si sono trasformati in un bordo sfrangiato. Il contrasto tra gli spazi dell’agricoltura, i lotti urbani e l’infrastruttura genera una commistione di aree frammentate che hanno perso una propria identità. Il termine “in-between” descrive uno stato liminare di qualcosa che vive in transizione ed elude le classificazioni, qualcosa che respinge una nuova stabilità e un nuovo incorporamento nella città, uno spazio che rimane ai margini attendendo un desiderio sociale che lo riconnetta all’interno dell’espletamento delle pratiche urbane.[8]


[1] Alan Berger, Op. Cit.
[2] Traduzione da, Castiglioni Luigi, Mariotti Scevola, IL. Vocabolario della lingua latina, Loescher, Torino, 1987
[3] The American Heritage® Dictionary of the English Language, Fourth Edition. Retrieved November 10, 2009
[4] Traduzione da, Giuseppe Ragazzini, Il nuovo Ragazzini. Dizionario inglese-italiano italiano-inglese, Zanichelli, Bologna, 1987
[5] Ibidem.
[6]Alan Berger definisce, attraverso otto postulati che sintetizzano la sua teoria, definisce il drosscape, ma anche il ruolo fondamentale del progettista nella re-immissione di questi spazi all’interno del disegno urbano:
1-Dross is understood as a natural component of every dynamically evolving city. As such it i san indicator of healthy urban growth; 2-Drosscape accumulate in the wake of socio- and spatio-economic processes of deindustrialization, post-Fordism, and technological innovation; 3-Drosscapes requie the designer to shift thinking from tacit and explicit knowledge (designer as sole export and authority ) to complex interactive and responsive processing (designer as collaborator and negotiator); 4- The designer does not rely on the client-consultant relationship or the contractual agreement to begin work. In many cases a client may not even exist but will need to be searched out and custom-fit in order to match the designer’s research discoveries. In this way the designers is the consumate spokesperson for the produsctive integration of waste landscape in the urban world.; 5-Drosscape are interstitial. The designer integrates waste landscape left over from any form or type of development; 6-The adaptability and occupation of drosscapes depend upon qualities associated with decontamination, health, safety, and reprogramming. The designer must act, at times, as the conductor and at times the agent of these effect in order to slow down or speed them up; 7-Drosscape may be unsightly. There is little concern for contextual precedente, and resources are scarce for the complete scenic amelioration of drosscapes that are located in the declinino, neglected, and deindustrializing areas of cities; 8-Drosscapes may be visually pleasing. Wasteful landscapes are prurposefully built within all types of new development located on the leadfing, peripheral edges of urbanization. The designerr must discérnè which types of “waste” may be productively reintegrsted for higher social, cultural, and environmental benefits”. Alan Berger, Drosscape. Wasting land in urban America, Princeton Architectural Press, New York, 2006.
[7] Alan Berger associa il termine “in-beetwen” (interstizio) al termine di Lerup dross e afferma: “Plugging in Lerup’s terms-dross can be seen to be waht i have been calling the in-between of a city’s urban fabric”, in Alan Berger, Op. Cit., p. 37
[8] Alan Berger, Op. Cit., p. 29

13/04/12

Paysage Topscape - numero 9









URBAN CITY LANDSCAPE. Parigi: Michel Desvigne, Henry Bava, Michel Corajoud, Jacqueline Osty, - Rosenheim: Mangfallpark - Amsterdam: Schinkeleilanden Park - Philadelphia: James Corner - Palermo: Pan-Ormus La Cala - BRAND LANDSCAPE. Vodafone Village - Emotional Green - URBAN&DESIGN. Copenhaghen: Superkilen - Roma: parco lineare in luce - Tallin: TTU Campus Design - VERDE HI-TECH. Vacarisses: Green Recycle - CITY PLAY. Plaça Ricard Vines - Heerenschurli Park - TEMPORARY LANDSCAPE. Whatami: Paesaggio (Con)temporaneo - Sabie di Slem - LAND ART. FAI: il terzo paradiso - TOP GARDEN. Yalta: Natural garden - Parco Giuseppe Ungaretti

Presentazione del numero presso la sede dell'ordine degli architetti di Milano

07/04/12

Catherine Mosbach Paysagistes - Passeggiata lungo il canale Saint Denis - Parigi 1998-2001




Catherine Mosbach Paysagiste
Passegiata lungo il canale da Saint Denis a Parigi - 1998-2001

Il progetto trasforma i percorsi e le aree che si affacciano sulla riva sinistra del canale SaintDenis in una passeggiata attraverso gli edifici cresciuti ai bordi del canale. Costrutito in epoca napoleonica, per portare le acque dal bacino della Villette alla Senna, il canale Saint Denis presenta l'omogeneità di un'infrastruttura paleoindustriale. Mediante il riciclo e l'invlusione di materiali residuali, prodotti dalle attività insediate in diverse epoche, si ottiene una nuova relazione tra gli insediamenti e il canale che si esprime attraverso l'interferenza di varie situazioni locali con la scala geografica dell'infrastruttura.

[fonti: Lotus Navigator n. 8, Editoriali Lotus, 2003


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