14/09/12

Lars Lerup - Stim & Dross, Holey Plane


Uno dei più importanti manifesti scritti riguardanti l’urbanistica degli ultimi venti anni è il saggio del 1995 Stim & Dross: rethinking the metropolis di Lars Lerup, che ha influenzato il pensiero di una generazione di progettisti riguardo l’urbanizzazione. 
Lerup sostiene come la superficie del territorio urbanizzato consista di due cose: stim and dross. Stim è il termine che caratterizza i luoghi, gli edifici, i programmi e gli eventi che la maggior parte delle persone identificherebbe come in fase di sviluppo o per uso umano (alloggi, occupazione, industria, ricreazione, ecc.). Dross è il paesaggio dei resti, o il paesaggio desolato (waste landscape) che emerge tra gli stims, sottovalutato per diverse ragioni (inquinamento, disinteresse, condizioni naturali inadeguate per costruire, scarso rendimento, ecc.). “Stagni/ristagni di aria raffreddata punteggiano il piano, come oasi nel deserto. Inchiodate in modo precario nel luogo dalle macchine e dagli eventi umani, questi ristagni diventano punti di stimolazione  - stims – su questo pellame ruvido, ma inflesso altrimenti popolato solo da dross – gli ignorati, sottovalutati, sfortunati residui economici della macchina metropolitana”(1).
Utilizzando la città di Houston come esempio, Lerup prende in considerazione l’espansione del territorio urbanizzato, che egli immagina come un “holey plane” (piano bucato): “Questo holey plane sembra un territorio incolto più che il dato di una città fatta dagli uomini. Punteggiata da alberi e attraversata da donne/veicoli/strade, essa è una superficie dominata dal senso peculiare di una battaglia crescente: una battaglia dell’economia contro la natura. Sia gli alberi che le macchine di questo piano si manifestano come le tracce/impronte o scorie (dross) di quella battaglia”(2). Egli utilizza la teoria del holey plane per capire le relazioni tra il paesaggio e l’urbanizzazione, riconcettualizzando la città come un sistema vivente, solido, dinamico, oppure come un enorme involucro ecologico di produzione e territorio che implica spreco e dispendio.
La teoria di Lerup suscita interrogativi riguardo al significato di “dross”. Come si può descrivere una riserva naturale urbana? Quando tale luogo si qualifica come “stim” o come “dross”? Se una superficie di paesaggio urbano è intenzionalmente progettata (da un architetto, un pianificatore, un paesaggista, uno sviluppatore, un politico, ecc.) per non essere attivata, è possibile considerarla “dross”? Lerup intende ridefinire la superficie della città come un’area ibrida di “stimdross” cercando una zona d’ibridazione dove gli attributi di “stim” e “dross” si sovrappongono (come un’area di riserva naturale o una proprietà intenzionalmente lasciata in abbandono), pratica necessaria per affinare e testare la sua ipotesi. Per definizione, altri possibili “stimdross” includono aree industriali inquinate, abbandonate, fatiscenti e strutture lasciate disabitate per debiti e per rimediare ai costi, terreni in preparazione, superfici usate temporaneamente, così come altri tipi di superfici urbanizzate intenzionalmente non progettate, sotto-progettate (underprogrammed), o svuotate di programma.(3)

1“Pools of cooled air dot the plane, much like oasis in the desert. Precariously pinned in place by machine and human events, these pools become points of stimulation – stims – on this otherwise rough but uninflected hide, populated only by the dross – the ignored, undervalued, unfortunate economic residues of metropolitan machine”. Lars Lerup, After the city, Cambridge, MIT Press, 2001 p. 58


 2 This “holey plane” seems more a wilderness than a datum of a man-made city. Dotted by trees and criss-crossed by women/vehicles/roads, it is a surface dominated by a peculiar sense of ongoing struggle of economic against nature. Both the trees and machines of this plane emerge as the (trail or) dross of that struggle. Lars Lerup, Stim & dross: rethinking the metropolis, in Assemblage 25, Cambridge, MIT Press, 1995, p. 88

 3 Vedi la lettura che fa Alan Berger in, Alan Berger, Drosscape. Wasting land in urban America, Princeton Architectural Press, New York, 2006

01/09/12

Ann O'M. Bowman, Michael A. Pagano - Terra Incognita


Boon or blight? Ann Bowman and Michael Pagano define "vacant land" broadly, to include everything from brownfields (environmentally contaminated land) through trashed lots and abandoned buildings to greenspace (parks, community gardens, etc.).Terra Incognita takes a fresh look at what they believe can be the ultimate urban resource. Beyond the common studies of the influence of market forces, it explores how these areas are affected by the decisions of local governments, and then shows how vacant land can be a valuable strategic asset for localities.Terra Incognita derives from what -- until now -- has been the lack of substantial information about the amount and the diversity of urban vacant land. This book is based on an unprecedented survey sent to all U.S. towns with a population greater than 50,000, and contains data previously unavailable. Three cities were studied in greater depth for detailed case studies: the greater Phoenix and Seattle areas and Philadelphia-Camden. A number of other cities are cited frequently, including Boston, Chicago, Detroit, New York, Cleveland, Cincinnati, and Oklahoma City, among many others.Identifying the fiscal, social, and development imperatives that drive the decisions local officials make about using vacant land, Bowman and Pagano pay particular attention to the varying dynamics of sales, property, and income taxes, and conclude with a model for making strategic decisions about land use based on a city's priorities.

Ann O'M. Bowman, Michael A. Pagano, Terra incognita. Vacant land and urban strategies, Georgetown University Press, Washington, 2004

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